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Dipingere me stessa: ecco il perchè dei miei autoritratti.

Cari spettatori,


Per chi mi segue da qualche tempo sa che alla base delle mie tele, ci sono io, me stessa e le mie storie. Palese, voi direte, c’è la mia faccia in ogni tela.


Sicuramente la domanda che più mi viene chiesta è il perchè io lo faccia. Ebbene, ho deciso di rispondere a questa richiesta raccontandovi un pezzo della mia storia.

Lo ammetto, mi sento nervosa a riguardo: è più facile dipingermi che descrivere il modo in cui sono arrivata a scegliermi come modella.


Quando ancora non frequentavo ambienti creativi ed ero indecisa se mostrarmi sui social, dicevo a tutti che mi ero scelta come figura di studio poiché non avendo più la possibilità di avere un modello vivente sempre disponibile, potevo esercitarmi su me stessa. Su internet si possono trovare un sacco di figure e posizioni umane, ma poter farlo dal vivo o comunque studiando le pose direttamente su me stessa è tutt’altra cosa. 


E invece no. La verità è che c’è stata una volta nella vita in cui mi sono sentita persa: mi sono sentita dentro la testa per mesi il detto “impara l’arte e mettila da parte”. 

Quando nel 2017 ho preso la mia amata laurea in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia, mi sono sentita svuotata perchè non sapevo dove sbattere il naso e cosa farne di tutti quei esami e lezioni di arte che avevo immagazzinato dentro la mia testa. Quindi, mi dissi subito che effettivamente tutta quell’arte e quell’amore che avevo per lei, avrei dovuto metterla da parte. Magari mi sarebbe servita più avanti in altri contesti.

Stavo malissimo solo a quel pensiero.

Io? Rinunciare all’arte? Perchè? L’arte è stato il mio credo per tutta la vita, e mai mi sarei immaginata di buttarla nel cestino. 

Questo pensiero e questo mio blocco artistico, mi mandò giu di testa. Mi sentivo così vuota, il mio cuore era così infranto. Non sapevo cosa fare.

Perchè diciamolo: all’Accademia ti insegnano un sacco di cose interessanti, belle e tecniche nuove. L’ambiente che si respira è di una creatività costante e pieno di sfumature di ogni colore. La gente li dentro è pazza. 

Ma quando tu esci e ritorni ad essere una persona in mezzo ad una società difficile, in cui l’arte, purtroppo non è calcolata il giusto o è solo un semplice hobby, è difficile pensare che sia utile alla sopravvivenza.

Forse a pensarci oggi, è proprio quello che mi ha fatto sentire così vuota.

Non ero più una studentessa di arte, non avevo più vicino quell’insegnate che mi spronava alla continua ricerca della creatività e della dimensione artistica della mia anima. 

Era difficile sopravvivere di arte in mezzo al grigiore normale della vita fuori dall’accademia.


Così presi la decisione della vita: andare a parlare con una psicologa. 


Raccogliendo tutte le mie frustrazioni dopo l’uscita dall’accademia e di traumi giovanili che non avevo pianificato di raccontare, con molta vergogna aprii la mia anima alla Dottoressa dagli occhiali rettangolari. Fu una delle cose più giuste che potessi fare. I soldi meglio spesi della mia vita.

Attraverso le lenti dei suoi occhiali e scoprendo il mio amore per la pittura mi diede un solo consiglio in tutta la sessione: “perchè non dipingi i tuoi drammi? Possono essere d’aiuto sia per te che per gli altri, se mai deciderai di mostrarli. Può essere una missione o un esercizio o anche solo una decorazione, raccontati la tua storia.” Disse una cosa del genere, più a meno.


Sinceramente non sapevo bene che raccontare: avevo vissuto delle emozioni forti nella mia vita, molto negative in alcune parti ed effettivamente non le avevo mai affrontate al di fuori del mio diario segreto. Forse avrei dovuto illustrare il mio diario? Era questo che intendeva la Dottoressa dagli occhiali rettangolari?


Presi il mio diario, scelsi una pagina dolorosa e la disegnai. Poi ne presi un’altra, e disegnai il mio autoritratto che copiavo dalla mia immagine riflessa allo specchio del bagno.

All’epoca abitavo per le vacanze nella casa al lago di famiglia e tra le cianfrusaglie della vita dei miei genitori, trovai il libro dei fiori di mia madre, quando faceva ancora la fiorista.

Lei chiamava questo dizionario floreale, la Bibbia dei Fioristi, perchè oltre a consigliarti i fiori ad ogni occasione, ne svelava la storia e il significato.

Un pò per giocare e un pò per decoro, iniziai a disegnare i miei autoritratti associando i fiori al mio umore giornaliero. Lo facevo anche quando ero piccola e la mia mamma mi portava nel suo negozi di fiori.

Così il mio diario segreto divenne pian piano un libro illustrato con le mie storie più frivole e dolorose ma decorate con bellissimi fiori che cantavano dei segreti.

Portai il mio libro alla Dottoressa dagli occhiali rettangolari e rimase contenta di come mi vide più entusiasta e positiva riguardo a questo piccolo progettino. Lo lesse e mi disse che trovava interessante le illustrazioni che avevo disegnato. Per la prima volta mi chiese come mi sentivo a riguardo: “sto meglio, come se una parte dei miei ricordi dolorosi dalla testa si spostano su tela e io mi sento come svuotata e sollevata”. 


Ecco che allora capii a pieno che l’arte che avrei prodotto da quel momento non mi avrebbe fruttato soldi, ma fatto guadagnare mille anni di vita in più. Perchè capii che dipingere per me è la mia missione nella vita: prendi i drammi e mettili su tela.


E fu così che dal 2017 parte il mio progetto #storie, dove mi disegno e racconto le pagine del mio diario segreto e dove i fiori e gli elementi della natura sono i miei cantastorie.

A volte non è facile potermi raffigurare con quel doloroso ricordo, ma ad ogni pennellata effettivamente la sensazione negativa sparisce. 

Che l’arte è la miglior cura per le persone creative lo si sà da un bel pò di anni, ma penso che non tutti gli artisti oggi lo facciano per questo fine.

Per me ora è diventata una missione per la vita. Voglio raffigurarmi per raccontarmi, vivermi e capirmi, perchè penso che ogni essere umano porti con se un romanzo infinito di storie interessanti che intrecciano assi cartesiani per capire il vero senso della vita e il perchè siamo su questa terra.

Io voglio le risposte alle mie domande e vorrei poterle scaturire allo spettatore non appena vede un mio dipinto. E so che, da artista, solo raccontando umilmente la mia storia di essere umana tra miliardi, posso smuovere almeno un anima ad emozionarsi e capirsi.


Questo è il motivo per cui ho deciso che la mia arte deve essere fatta in questo senso e ad oggi non mi vergogno più così tanto a raccontare ciò che c’è dietro al mio ritrarmi in ogni tela.


Magari è solo una fase oppure è solo colpa della Dottoressa dalle lenti rettangolari.



E voi cosa ne pensate? Sareste in grado di guardarvi dentro in questa maniera?





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