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Immagine del redattoreSara Cabrioli

Ti ricordi quel giorno in cui la radio ti ha intervistato?

Come dimenticarlo.


La voce quel giorno era rauca, venivo da giorni di febbre e stress perché a lavoro avevo problemi. Mi avevano appena comunicato che mi avrebbero tagliata fuori e a breve sarei rimasta a casa senza uno stipendio: io che avevo appena compiuto 29 anni e avevo una casa a carico mio, dovevo reinventarmi per l'ennesima volta per non rimanere a piedi senza pagare le bollette.


In realtà sono più che fortuna perchè vengo da una famiglia che sta bene e sicuramente i miei mi avrebbero aiutato; ecco, non sarei morta ne di fame ne di freddo.

E poi me lo dico in continuazione: quel lavoro da impiegata non faceva per me.

"Ma che palle chiedere soldi ai miei genitori! Assolutamente no! Non si fa, non voglio!"


Ma quel sabato mattina sarei dovuta andare in radio a Milano a raccontare la mia arte, il perchè mi dipingo e il mio messaggio d'artista: avrei dovuto raccontare davvero tutto? Mi sarei dovuta mettere a nudo?


Un tempo cosi grigio era da un pò che non lo intravedevo; nuvole, una forte pioggia, fresco....non sembrava primavera. Forse era un pò il mio stato d'animo, d'altronde aprirsi a milioni di persone e mettersi a nudo non doveva fare parte dei miei piani. Non lo so, mi sono sempre definita una persona reale che non si nasconde, che coerenza sarebbe se andassi a parlare ad una radio di arte e di messaggi veri se non racconto anche quello che mi sta accadendo e il male che mi fa?


Il navigatore ad una certa ha deciso che non doveva funzionare. E a Milano non dovrebbe succedere.


Panico.


Panico.


Forse non dovrei essere così aperta, ma perchè ho deciso di dipingermi? Chi potrebbe mai apprezzare le mie paturnie e ritrovarsi dentro a questo vortice di emozioni cosi forti? Chi mai potrebbe dire di fronte alle tue opere, cara Sara, anch'io mi sento così?


Dovresti tenerle solo per te.


Alla fine il navigatore mi ha portato davanti al parcheggio della radio e la pioggia cessò per un momento. Entrai nell'atrio e trovai una gentile ragazza che mi chiede il nome e cognome e mi fece accomodare in un ufficio nella quale mi sarebbero poste delle domande in inerenti al mio racconto.


Senza nemmeno pensarci, come se un burattinaio comandasse la mia bocca e la mia testa, tutte le preoccupazioni si accartocciarono: il lavoro passò in secondo piano, l'arte e la mia essenza ritornarono a galla.

"Domande scomode ti vanno bene?" e senza nemmeno pensarci, gli dissi ok.


Poi entrai in una sala d'attesa e aspettai per circa 20 minuti il mio turno.

I 20 minuti più silenziosi di sempre: la mia anima non aveva nulla da confrontarsi con il mio corso e quindi, rimasero entrambi quieti.


E poi arrivò il mio momento; la Vocalist appena entrai mi saluto calorosamente e mi disse che ammirava molto il mio lavoro. Ma davvero? Davvero lo sta dicendo? Lo dirà a tutti?

"Mia madre crea falsi d'autore e ammirerebbe molto una giovane che dà voce in questa maniera alla propria dimensione, complimenti, si vede che sei un'artista, dacci dentro in questa intervista e diffondi il messaggio che vuoi dare".


Ecco che l'anima della mia arte inondò lo studio radiofonico e tutte le mie ansie mi dissero: "troverai un lavoro adatto a te, riuscirai a fare tutto basta che dipingi".


E si, mi ricordo quando quel giorno in cui mi hanno intervistato per la mia pittura.





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